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Lo scioglimento del “cumulo temperato”, nel caso di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti che abbia richiesto il criterio moderatore di cui all´art. 78 cod. pen. per il superamento della soglia massima di anni trenta di reclusione e che ricomprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, deve effettuarsi avendo riguardo alla pena relativa al reato ostativo nella sua entità originaria

Cristina Monteleone

La sentenza in commento trae spunto dal ricorso per Cassazione proposto da un condannato in espiazione di pena definitiva, avverso un provvedimento di un Tribunale di Sorveglianza territoriale con il quale veniva rigettata l’istanza tendente ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, della detenzione domiciliare.

Destinatario di un provvedimento di cumulo relativo a tre condanne penali (delle quali una è relativa a reati ostativi), al netto dell’indulto concessogli e con l’applicazione del criterio di cui all’art. 78 cod. pen., il ricorrente ha una pena finale di anni trentacinque e due mesi di reclusione; in applicazione del suddetto criterio moderatore, tuttavia, deve ancora espiare la pena residua di anni trenta di reclusione.

Ad avviso del Tribunale territoriale, per potere accedere alla misura alternativa richiesta, vi sarebbe la necessità che il condannato abbia già espiato l’intera pena inflittagli per i reati ostativi. In adesione al principio di diritto espresso dalla Suprema Corte[1], il giudice impugnato ha ritenuto che la pena relativa al reato ostativo debba essere considerata nella sua entità originaria, senza considerare il criterio moderatore ex art. 78 cod. pen. e i relativi effetti sulla pena finale.

Diversamente opinando, al fine di verificare l’ammissibilità alle misure alternative per i condannati con reati ostativi, si verificherebbe la seguente situazione: per il condannato con un solo titolo di condanna per reati ostativi, sarebbe necessario  accertare la collaborazione con la giustizia ovvero l’impossibilità o l’inesigibilità di detta collaborazione; per il condannato con più titoli esecutivi anche per reati non ostativi e con l’applicazione del criterio di cui all’art. 78 cod. proc. pen., vi sarebbe stato un trattamento di favore.

Ritenendo erroneo detto provvedimento, pertanto, il ricorrente articola un unico motivo di ricorso con il quale lamenta la mancata valutazione sia del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti (dal quale si evinceva che il condannato stava attualmente espiando un reato non ostativo) sia del provvedimento di scissione del cumulo materiale emesso dal locale Magistrato di sorveglianza. Il condannato, altresì, ritiene che l’ordinanza impugnata non tenga conto del principio espresso con l’indirizzo giurisprudenziale contrapposto[2]: ossia individuare il titolo in esecuzione attraverso la verifica dell’incidenza del criterio ex art. 78 c.p.p.  sulla pena complessiva derivante dal cumulo materiale e di conseguenza, mediante l’applicazione di detto indice percentuale, determinare la frazione di pena espiata per i reati ostativi.

Il ricorrente, ancora, ritiene non condivisibile l’indirizzo secondo il quale, in caso di unificazione di pene concorrenti, la pena relativa ad un reato ostativo deve essere considerata nella sua entità originaria: detto principio sarebbe in contrasto con l’ulteriore indirizzo giurisprudenziale[3] secondo il quale le norme inerenti il cumulo non si possono risolvere in danno dell’imputato o del condannato; e qualora detta applicazione possa comportare un danno per il condannato, deve procedersi allo scioglimento del cumulo materiale e ogni pena riacquisterà la sua autonomia[4].

In subordine, preso atto del contrasto giurisprudenziale, il ricorrente ha chiesto la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite.

Condividendo pienamente la motivazione resa nel provvedimento impugnato, tuttavia, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso spiegato. Rilevato il contrasto interpretativo esistente in ordine alla necessità - qualora vi sia un provvedimento di cumulo materiale delle pene e venga applicato il criterio di cui all’art. 78 cod. pen. - di considerare l’entità della pena del reato ostativo nella sua entità originaria o previa riduzione proporzionale, la Prima Sezione Penale ha rimesso la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Ad avviso delle Sezioni Unite, non è condivisibile il principio espresso dalla Cass. 6013/2016: la riduzione proporzionale della pena per reato ostativo condurrebbe a soluzioni paradossali e irragionevoli. Detta riduzione sarebbe minore per i condannati con pena di poco superiore ai trenta anni, mentre diventerebbe più importante per i condannati con pene di molto superiori ai trenta anni. In altri termini, verrebbe favorito il condannato a pena più elevate, a discapito degli altri condannati.

Sebbene il principio di diritto espresso dalla sentenza Papalia trovi giustificazione nell’arresto del Giudice delle Leggi[5] ossia l’inesistenza di un dato normativo che stabilisca chiaramente lo status di detenuto pericoloso per i condannati a reati ostativi nonchè la necessità di procedere allo scioglimento del cumulo materiale come predicato dalla Suprema Corte, le sezioni Unite ritengono di aderire al più risalente orientamento giurisprudenziale. I giudici di legittimità, infatti, ritengono di aderire all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, ai fini dello scioglimento del cumulo di pene temperato dall’art. 78 c.p., con applicazione della soglia massima di pena di anni trenta di reclusione, le pene da imputare al reato ostativo sono da considerarsi nella sua entità originaria. Detta adesione è avvenuta per due ragioni: per l’esistenza di molteplici precedenti giurisprudenziali tra cui la sentenza Bruzzaniti[6] la quale definisce “orientamento ermeneutico consolidato” detto principio; per valutazioni di tipo letterale e sistematico. Dal punto di vista letterale, infatti, atteso  il mancato richiamo dell’art. 78 c.p. negli artt. 76 e 81 c.p.,  la Cassazione ravvisa che l’anzidetto criterio non sortisca alcun effetto sull’unicità della pena e si ponga quale mero sbarramento, in misura fissa e non proporzionale[7], delle singole pene già determinate. Sul versante sistematico, ancora, ad avviso della Suprema Corte, l’adesione al primo indirizzo costituirebbe un paradosso: maggiore di trenta anni sarebbe la pena riportata dal condannato, più rapido sarebbe l’accesso ai benefici penitenziari.

Attesa la bontà di procedere allo scioglimento del cumulo materiale tra reati ostativi e reati non ostativi, così da verificare l’esistenza dei requisiti di cui all’art. 50 co. 2 O.P.,

la Suprema Corte ritiene che non può trovare applicazione il criterio dello scorporo proporzionale ed espressamente conferma i vari principi favor rei ossia la considerazione che dal cumulo materiale non debbano discendere effetti negativi per il condannato. In caso contrario, è necessario procedere allo scioglimento del cumulo materiale.

Analizzando anche i lavori preparatori dell’art. 78 cod. pen. e della giurisprudenza[8] formatasi, la Suprema Corte ritiene infondata la prospettazione difensiva inerente la natura di riduzione proporzionale contenuta nell’art. 78 cod. pen.: sulla base del dato letterale, infatti, l’art. 78 cod. pen. prevede una riduzione fissa e non proporzionale. La ratio di detta norma è di evitare che la mera addizione delle diverse pene del condannato possano superare la reale aspettativa di vita del detenuto e quindi evitare la violazione dell’art. 27 Cost.

Rigettate le prospettazioni difensive inerenti l’irragionevole disparità di trattamento tra il condannato con cumulo e il condannato senza cumulo: l’eventuale mancata applicazione dell’art. 78, infatti, consegue a posizioni esecutive diverse e non conduce ad alcuna disparità di trattamento. In applicazione del principio di diritto enunciato  e rilevato che la pena detentiva per il reato ostativo risulta ancora in esecuzione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso spiegato dal condannato con contestuale condanna alle spese processuali.

 

[1] Corte di Cassazione, Sez. 1, sentenza n. 18239 del 26/3/2019, Di Mondo

[2] Corte di Cassazione, Sez. 1, sentenza n. 6013 del 19 dicembre 2016, Papalia

[3] Tra cui, Corte Costituzionale n. 386 del 1989 e n. 361 del 1994

[4] Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 14 del 30/06/1999

[5] Corte Costituzionale n. 361 del 1994

[6] Cassazione penale, Sez. 1, n. 35471 dell’8/6/2017

[7] Cassazione Penale, Di Mondo

[8] Cassazione Penale, SS.UU. N. 45583 del 25/10/2007

Argomento: Del reato
Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Pen., SS.UU., 14 luglio 2023, n. 30753)

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

“(…) 1. La questione rimessa alle Sezioni Unite può essere riassunta nei seguenti termini: “Se, in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, che abbia richiesto l’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. per il superamento della soglia massima di anni trenta di reclusione e che ricomprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, lo scioglimento del cumulo a detti fini vada effettuato avendo riguardo alla pena relativa al reato ostativo nella sua entità originaria, ovvero operando una riduzione proporzionale rispetto all’applicazione del predetto criterio moderatore alla pena complessiva, derivante dal cumulo materiale”. 2. Correttamente la Sezione remittente ha registrato un perdurante contrasto interpretativo (…). 2.1. Il primo degli orientamenti in contrasto (…) ritiene che in siffatte ipotesi di scioglimento del cumulo sia necessario operare l’individuazione del titolo di reato effettivamente in espiazione attraverso un’operazione algebrica che quantifichi in quale proporzione il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. abbia inciso sulla pena complessiva risultante dal cumulo materiale, per poi applicare quella stessa percentuale di riduzione su ciascun reato, imputando la frazione già espiata all’esecuzione dei reati ostativi. La più recente decisione che si inscrive nell’orientamento in esame osserva in via preliminare che <<per le pene temporanee, il codice penale ha abbandonato sia il sistema dell’assorbimento sia quello del cumulo giuridico, adottando invece, secondo il principio tot crimina tot poenae, il criterio del cumulo materiale, sia pure temperato attraverso la fissazione di limiti massimi di pena, in assoluto o in rapporto alla pena più grave, ai sensi dell’art. 78 cod. pen.>>; ciò al fine di evitare i possibili eccessi derivanti dalla mera addizione aritmetica, che potrebbero trasformare di fatto una pena temporanea in perpetua, in violazione dell’art. 23 cod. pen. e del sovraordinato principio costituzionale, affermato dall’art. 27, comma 3, Cost., che affida alla pena una finalità rieducativa (…). La stessa sentenza sottolinea che nei confronti di un soggetto condannato con più sentenze o decreti penali per reati diversi, ove non si sia provveduto in [continua ..]

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